1. Evoluzione bellica
    E' finita l'epoca della guerra totale?

    AvatarBy Gnuccaria il 1 Nov. 2015
     
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    Sinai, 31 ottobre 2015: cade un airbus russo, tutti morti. I governi de Il Cairo e di Mosca smentiscono l'ipotesi dell'attentato, in una regione, come quella del Sinai, in cui da anni l'esercito regolare combatte i terroristi, oggi legati al gruppo dell'ISIS.
    E' la fine della guerra totale? Oggi la guerra ha cambiato volto, ma mantiene la stessa cruda spietatezza. Non vediamo ufficiali brandire una sciabola da duecento anni o poco meno, e tra meno di dieci anni, probabilmente, non vedremo neanche più un carro armato. Perchè? La guerra campale, quella intesa come "scontro tra due eserciti con interessi diversi", sta morendo. Volge al termine l'epoca della cosiddetta "Guerra totale", la guerra che prevede l'annientamento totale (e quindi un annichilimento fisico, morale, economico, strategico) a favore di uno o dell'altro schieramento, il quale, nel dopoguerra, impone il suo modo di vivere, la sua cultura, la sua mentalità. Oggi diamo il benvenuto alla "Guerra fantasma", in cui non si combatte una nazione, ma un movimento fanatico; non si ha un casus belli, ma la guerra stessa è il casus belli; non ci si scontra faccia a faccia, ma si logora lentamente il nemico, con atti di terrorismo, abbattendolo psicologicamente, scuotendolo di nascosto, colpendo la base di una nazione, il popolo. Lo stesso popolo che nel 2001 pianse quasi 3000 morti, che l'anno scorso si inorridì alla visione del pilota giordano arso vivo in diretta streaming (con una spettacolarità dei movimenti a dir poco scenografici) e che ora si ritrova a piangere circa 270 morti, non negli Stati Uniti, ma in Russia. Quella Russia che forniva armi, addestratori, missili, veicoli, munizioni, tute a chi doveva mettere fuori gioco gli Stati Uniti e Israele, l'unico baluardo di "occidentalismo" in Medio Oriente.
    E' una guerra sleale, che non guarda in faccia agli alleati nè tanto meno agli avversari, in cui gli schieramenti mutano continuamente, senza capire chi sta con chi e contro chi combatte. E questo nemico comune, chiamato per convenienza ISIS (o Islamic State of Iraq and Syria, che dir si voglia), scuote le coscienze di praticamente tutto il mondo che conta: Stati Uniti, Unione Europea e Israele in primis, poi anche il mondo arabo, che trova in Egitto e Arabia Saudita i suoi leader, e la Cina. Già, la Cina. Starà a guardare, in attesa di una decisione finale? Affidandosi alla ciclicità della storia (i famosi "corsi e ricorsi storici", ricordati da chissà quale storiografo), si potrebbe ipotizzare che se la Cina si schierasse contro l'ISIS avremmo una situazione analoga a quella dell'Italia nella Prima Guerra Mondiale, e cioè con il solo scopo di impegnare il nemico da più fronti.
    Ma questa guerra non è come le altre. E' molto più difficile. Riuscire ad imporre di nuovo col pugno di ferro l'ordine precedente non è semplice. Qui non si combatte un esercito, ma un intero popolo che si riconosce nell'unico grande credo sunnita, un popolo fiero che vuole far sentire la sua voce ed è stanco di essere un servo della "Puttana" (come viene chiamato l'Occidente). Tempo fa, su Vice, vidi un reportage in Pakistan su come i talebani riescono ad arruolare nuove reclute, ed il meccanismo è piuttosto banale.
    Immaginate di vivere semplicemente (molto difficile per alcuni di noi, poterlo immaginare) con una vita semplice, una famiglia con tre mogli e una decina di bambini, tutti dediti alla pastorizia, che vivono in una casa costruita con le proprie mani. Ora, mentre voi siete a pascolare le vostre belle pecore, passa silenziosamente un drone (quegli aeroplanini senza pilota, no?) che con un missile distrugge in pochi secondi la vostra ragione di vivere: la casa, la famiglia, le pecore. Siete completamente soli. Eloquente è la risposta di un talebano alla domanda del reposter "Ma perchè vi arruolate?", lui risponde "Secondo te la chiami vita, la nostra?".
    Combattere contro un popolo è diverso che combattere contro un esercito. Un popolo arrabbiato, deciso, affamato, non ha nulla da perdere e tutto da guadagnare, tanto vale provarci, puoi solo morire. La morale di tutta questa storiella è che siamo noi stessi i mandanti di questa strage, con il nostro modo di vivere, con la nostra condotta, con il rispetto che non abbiamo portato nei confronti di chi prima era alleato, e ora ci volge le spalle, sperando di prendere una rivincita quando le volgeremo anche noi.
    Buona giornata di Ognissanti.
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